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Cose che gli studenti possono imparare dall’AI

Cari lettori,

ho appena iniziato un corso per gli studenti della mia scuola, dal titolo “Il mondo dell’intelligenza artificiale”. Non sapendo, poiché gli studenti provengono da classi diverse, su quali prerequisiti potessi contare, ho deciso di fare una prima lezione un po’ interlocutoria e di valutazione dell’audience. Come spesso accade nella mia professione, insegnando ho dato il via anche ad un approfondimento mio e ad una serie di riflessioni ex post, per cui alla fine, forse, ho imparato tanto quanto i miei studenti.

Quello che vi presento oggi, quindi, è un breve scritto con una sintesi delle mie riflessioni.

La chiacchierata della prima lezione è sfociata nell’ascolto della prima puntata di un bellissimo podcast del Post, dal titolo “Geniale”, che colgo l’occasione per consigliarvi, dato che tra l’altro è uno di quelli per il cui ascolto non è necessario l’abbonamento al giornale (che comunque mi sento di aggiungere come secondo consiglio, perché lo ritengo di qualità molto più elevata di tutti gli altri mezzi di informazione). Il podcast che ho utilizzato, dunque, lo trovate qui: https://www.ilpost.it/podcasts/geniale/

I concetti più importanti che abbiamo estrapolato nel nostro dialogo a commento del podcast sono relativi al modo in cui le macchine vengono istruite per poter svolgere determinati compiti con l’efficienza desiderata. Di conseguenza, ci siamo concentrati sul confronto tra addestramento e modellizzazione.

L’istruzione delle macchine può avvenire infatti, principalmente, attraverso questi due approcci.

L’apprendimento automatico (machine learning) si basa sulla capacità delle macchine di migliorare le loro prestazioni analizzando grandi quantità di dati e identificando modelli al loro interno. Attraverso algoritmi specifici, le macchine apprendono da esempi e dati passati, permettendo loro di fare previsioni o prendere decisioni basate su nuove informazioni. Questo approccio è particolarmente utile in contesti dinamici e complessi, dove le variabili cambiano continuamente e l’adattamento è essenziale.

Dall’altro lato, l’istruzione attraverso modellizzazione implica la creazione di modelli espliciti basati su regole, equazioni o rappresentazioni logiche fornite dagli sviluppatori. In questo metodo, i modelli sono costruiti per simulare il comportamento di sistemi specifici e prevedere risultati. La modellizzazione è più controllata rispetto all’apprendimento automatico, poiché segue schemi ben definiti e può essere utilizzata quando le relazioni tra le variabili sono note e stabili. Entrambi gli approcci hanno i loro punti di forza: l’apprendimento automatico è potente in contesti dove è necessario scoprire nuove relazioni nei dati, mentre la modellizzazione è efficace per rappresentare processi comprensibili e verificabili.

Dopo questa lezione, mi sono ritrovata a pensare quanto questo discorso possa spingerci a comprendere meglio anche il modo in cui noi impariamo (o insegniamo). Il nostro modo di insegnare nelle scuole italiane è alquanto simile all’addestramento, con la richiesta di immagazzinare nelle giovani menti dei nostri studenti molti dati che spesso vengono richiesti in una restituzione molto fedele a quanto l’insegnante ha detto o a quanto si trova sul libro di testo o sulle slide. Anche se si parla tanto di problem solving, l’approccio di studenti e insegnanti è molto raramente improntato alla modellizzazione, anche quando dall’uso esperto di modelli si potrebbe guadagnare tempo ed efficacia.

Lo vedo spesso nei giovanissimi studenti alle prese con il primo studio delle declinazioni latine: ciò che con un uso del modello potrebbe essere acquisito molto rapidamente, non si trasforma in apprendimento efficace se non si fanno declinare diversi sostantivi, per più settimane. In questo esercizio spesso devo constatare che i ragazzi imparano a memoria, cercando di ripetere tutta la “filastrocca” di termini declinati a memoria, invece di focalizzarsi sulle caratteristiche chiave delle desinenze e sulla loro funzione logica.

L’unico modo che ho per spiegarmelo è ricorrere alle mie conoscenze sullo sviluppo della mente in età evolutiva. Durante l’adolescenza, la mente è in una fase di transizione tra il pensiero concreto dell’infanzia e lo sviluppo del pensiero astratto e metacognitivo. A quest’età, le abilità cognitive sono ancora in evoluzione, e il passaggio dall’apprendimento meccanico a quello critico e riflessivo avviene gradualmente. La memorizzazione delle declinazioni latine può essere vista come un metodo di studio rassicurante e diretto per gli studenti, che permette di acquisire una base solida su cui costruire successivamente competenze più analitiche e complesse. Inoltre, l’abitudine a memorizzare sequenze e strutture linguistiche aiuta a sviluppare la memoria a breve e lungo termine, un aspetto cruciale per la maturazione cognitiva. Solo successivamente, man mano che il pensiero astratto si sviluppa, gli studenti diventano più capaci di comprendere e riflettere sulle funzioni logiche delle desinenze, analizzando come queste influiscano sul significato e sulla struttura delle frasi. L’insegnamento tradizionale del latino, che spesso inizia con l’apprendimento mnemonico delle declinazioni, può quindi avere una base educativa nello sviluppo graduale delle capacità cognitive, preparando gli studenti a una comprensione più profonda delle regole linguistiche una volta che le loro abilità di pensiero logico e analitico sono sufficientemente sviluppate.

Gli studenti che frequentano il mio corso sull’AI, invece, sono tutti del secondo biennio o dell’ultimo anno: varrà dunque la pena di ricordare più esplicitamente a loro i vantaggi del duplice approccio anche per la mente umana, e non solo per le macchine!

Cosa ne pensate?

Federica

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Intelligenza artificiale e scuola

Cari lettori,

Mentre il mondo è ormai pervaso da moltissime applicazioni di AI, a partire dai notissimi ChatGPT, Gemini e altri LLM, la scuola italiana rivela atteggiamenti contraddittori, come sempre accade, purtroppo, nei confronti delle novità.

Il complesso del corpo docenti sembra un po’ “sonnecchiare” (cito e citerò indirettamente più volte in questo post il dirigente scolastico Antonio Fini, di cui condivido totalmente il pensiero in merito), quasi la questione non fosse rilevante o comunque si potesse far finta di niente. Fanno naturalmente eccezione i tenaci innovatori, presenti in numero ridotto nelle singole istituzioni scolastiche, spesso dipinti come visionari o “originali”.

Al contrario, sono frequentissime per le scuole le proposte di corsi erogati da parte dei più vari enti di formazione, spesso più orientati a una divulgazione teorica e di base, piuttosto che alla promozione effettiva di buone pratiche, che sfrutti l’abbondanza di finanziamenti PNRR che perdurerà nel prossimo anno scolastico.

Per sensibilizzare TUTTO il popolo della scuola, o almeno una percentuale abbastanza significativa da incidere realmente sulla formazione dei nostri ragazzi, occorre prima di tutto una capillare informazione, magari corredata già con casi d’uso e modelli operativi. Serve un orientamento pratico e pragmatico, nutrito di basi pedagogiche e di supporto tecnologico.

Un contributo fondamentale è stato pubblicato qualche tempo fa(e spero che abbiate già avuto occasione di esaminarlo): dobbiamo ringraziare la Rete Di Scuole Fvg, che ha appena redatto un ampio documento, generato “dal basso”, frutto del lavoro di 55 scuole del Friuli Venezia-Giulia, con il supporto di esperti del settore.

“Costruire il futuro – Linee guida sull’utilizzo dell’IA in ambito scolastico”, è un’ottima e completa guida, con una parte di sfondo tecnico-culturale e un ampio apparato pratico.

https://stelliniudine.edu.it/wp-content/uploads/sites/724/E-Book-Costruire-il-futuro-maggio-24_def.pdf?x19470

L’e-book merita veramente una lettura attenta, ma soprattutto merita di essere analizzato e provato come una guida attiva, un supporto alla progettazione di esperienze e laboratori didattici, sia per i docenti, sia per gli studenti. 

Contiene, infatti, delle schede che trovo veramente “ispiratrici”, oltre a una ricca bibliografia che raccomanderei a tutti di valutare almeno in parte per le letture estive. 

Meritano inoltre di essere evidenziati alcuni punti forti dell’e-book e del progetto da cui è nato. In primo luogo, la riflessione sulla collaborazione tra istituzioni scolastiche, che è fondamentale per sviluppare risorse comuni e condivisibili. L’unione degli sforzi permette di creare un ambiente più ricco e supportivo per l’integrazione dell’Intelligenza Artificiale Generativa (IAg) nel contesto educativo. Questa collaborazione non solo facilita la condivisione delle migliori pratiche, ma consente anche di affrontare collettivamente le sfide legate all’implementazione di nuove tecnologie. In parallelo, la necessità di una formazione continua per il personale scolastico è imprescindibile. Gli insegnanti devono essere costantemente aggiornati sulle ultime evoluzioni nel campo dell’IAg per poter incorporare efficacemente queste tecnologie nei loro metodi didattici. Una formazione continua garantisce che il corpo docente sia ben equipaggiato per affrontare le sfide e sfruttare le opportunità offerte dall’IAg, migliorando così la qualità dell’insegnamento.

L’IAg offre nuove opportunità per migliorare l’efficacia dell’insegnamento e promuovere la creatività e l’innovazione tra gli studenti. Tuttavia, l’adozione di queste tecnologie non è priva di sfide. Tra le principali preoccupazioni vi sono le questioni etiche, la privacy degli studenti e la necessità di evitare bias algoritmici. È essenziale che le scuole affrontino queste sfide in modo proattivo per garantire un uso etico e responsabile dell’IAg. Per integrare efficacemente l’IAg nei programmi di studio,inoltre,  è fondamentale che gli studenti acquisiscano competenze sia pratiche che teoriche sull’uso di queste tecnologie. Un monitoraggio costante delle pratiche didattiche è cruciale per valutare l’efficacia delle tecnologie IA e apportare miglioramenti continui. Questo approccio assicura che l’IAg non solo venga adottata, ma anche utilizzata nel modo più efficace e benefico possibile.

L’adozione dell’IA nelle scuole può preparare meglio gli studenti per il futuro mercato del lavoro, dove tali competenze saranno sempre più richieste. Inoltre, come abbiamo già visto in alcuni dei post precedenti,  l’IA può essere utilizzata per personalizzare l’apprendimento, fornendo supporto individuale agli studenti e migliorando la loro esperienza educativa complessiva. Tuttavia, e il testo lo ribadisce con forza, l’uso dell’IA deve essere guidato da un forte senso di responsabilità etica, garantendo che l’adozione di queste tecnologie avvenga nel rispetto della privacy e della dignità degli studenti. La trasparenza nel funzionamento degli algoritmi e l’equità nelle valutazioni sono fondamentali per un utilizzo corretto e giusto dell’IA.

In conclusione, il documento sottolinea che le linee guida sull’uso dell’IA nelle scuole sono un work in progress, data la rapida evoluzione di queste tecnologie. Viene quindi invitato tutto il personale scolastico a impegnarsi nella promozione dell’utilizzo delle linee guida e a condividere esperienze e buone pratiche per favorire una crescita collettiva e responsabile. Questo approccio collaborativo e progressivo è essenziale per garantire che l’integrazione dell’IA nelle scuole avvenga in modo efficace, etico e sostenibile.

Come spunto di riflessione ulteriore, riporto di seguito un estratto con la mappa delle parole chiave individuate nell’e-book.

mappa sull'intelligenza artificiale a scuola

Vi invito a osservare la scelta dei termini, ma anche il loro ordinamento: se c’è qualcosa che vi sembra meriti attenzione o che non vi è chiaro, potete segnalarmelo e mi impegno a ritornare sull’argomento al più presto!

Federica

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Interculture postdigitali

Cari lettori,

Su Academia.edu è stato pubblicato proprio in questi giorni un nuovo editoriale di Pier Cesare Rivoltella dal titolo “Quando nasce un nuovo campo di ricerca…”.

In questo breve saggio si parla di un nuovo campo di ricerca proposto da Pasta e Zoletto, quello delle Interculture postdigitali. 

Il rimando bibliografico è al volume Postdigital Intercultures. Interculture postdigitali (EAN 9788828406228) della rivista Scholé, numero 2 del 2023

Il riferimento di contenuto, invece, è a un ambito interdisciplinare che unisce riflessioni pedagogico-interculturali e mediaeducative. Le Interculture Postdigitali spingono ad ampliare la prospettiva di ricerca in ambito pedagogico, considerando l’interazione tra diversità nei contesti educativi e i cambiamenti nei media e linguaggi digitali. I vari contributi nel fascicolo presentano esempi di come questa integrazione può manifestarsi.

In effetti, le nuove frontiere del progresso tecnologico offrono, per chi voglia studiare e mettersi in gioco, meravigliose opportunità di inclusione, di personalizzazione, di arricchimento e potenziamento della capacità di literacy (non solo digital literacy,  ma tutte le varianti di alfabetizzazione e acquisizione di competenze a cui ormai si estende l’applicazione di questo termine).

Pensiamo a quanto l’integrazione dei media digitali nei contesti educativi offra opportunità uniche per rendere l’apprendimento più interattivo e coinvolgente, ma anche a quanto la tecnologia permetta fruizioni con ritmi diversi, individuali o collaborative a seconda delle necessità. Possiamo spingerci a considerare anche quanto la tecnologia faciliti il confronto tra linguaggi diversi, offrendo a chi coglie questa sfida delle risorse per analizzare criticamente che erano fino a un decennio fa inimmaginabili.

Di fronte a tanta ricchezza, sempre ben evidenziata negli studi accademici come quello sopra citato, mi prende sempre un briciolo di sconforto nel vedere che invece i mezzi di comunicazione di massa e spesso, ahimé, anche le programmazioni scolastiche, si concentrano solo sui cosiddetti “pericoli”. Sicuramente è vero che l’’integrazione dei media digitali pone anche sfide etiche e preoccupazioni per la sicurezza digitale. È fondamentale, senza dubbio, educare gli studenti all’uso responsabile dei media digitali e alla protezione della loro privacy online. Così come è sempre fondamentale nella scienza e nella tecnologia non perdere di vista l’etica che deve guidare ogni innovazione umana.

Ma là dove la ricerca pedagogica esiste, non si può trascurarla per fare una mera cronaca, talvolta anche troppo enfatizzata, dei casi problematici.

Dovremmo forse tutti quanti leggere un po’ più saggi pedagogici (di Rivoltella e di altri) e un po’ meno news.

Ecco un altro buon proposito da formulare per il 2024,

Federica

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Una guida preziosa

Cari lettori,

oggi voglio segnalarvi una guida preziosissima, che mi è stata proposta dalla newsletter di Treccani – Edulia e potete scaricare anche voi qui:

https://corsi-scuola.edulia.it/wp-content/uploads/2023/12/Guida_IA_Scuola_Edulia_Treccani_Scuola.pdf?mc_cid=12335dbd70&mc_eid=b38209fe5c

Edulia Treccani scuola è un significativo progetto di formazione per docenti e studenti, in cui si fondono la tradizione culturale dell’Enciclopedia Treccani, e l’innovazione digitale. La guida “Usare l’Intelligenza Artificiale generativa a scuola” di Edulia Treccani Scuola offre diversi capitoli che possono essere particolarmente interessanti. Per me che insegno italiano e lingua e letteratura latina, sono sicuramente importanti:

  1. “GenAI: cos’è l’IA generativa” – Fornisce un’introduzione essenziale ai concetti di base dell’intelligenza artificiale generativa, utile per comprendere come sfruttarla in ambito educativo.
  2. “I Prompt” – Spiega come formulare richieste efficaci ai sistemi di IA, una competenza fondamentale per utilizzare questi strumenti in modo produttivo in classe.
  3. “Insegnare con l’IA – Italiano” – Anche se focalizzato sull’italiano, questo capitolo può offrire spunti utili per applicare l’IA all’insegnamento delle lingue classiche, come il latino, soprattutto in termini di analisi testuale e sviluppo di competenze linguistiche.

Questi capitoli possono fornire al docente di lingua e letteratura latina nuove prospettive e strumenti per integrare l’IA nella didattica, migliorando l’engagement degli studenti e arricchendo il processo di apprendimento.

Nel prossimo post, invece, vi racconterò come si può trasformare chatGPT in un validissimo assistente per la correzione dei compiti online.

Alla prossima!

Federica

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Umiltà intellettuale

Cari lettori,

La mia giornata è iniziata con una piacevole scoperta: aprendo la posta elettronica, mi sono imbattuta nella newsletter di

Good Morning Italia

che oggi apriva con un tema che ha catturato la mia attenzione: l'”umiltà intellettuale”. Recentemente portata alla ribalta da Jeff Bezos, fondatore di Amazon, durante un podcast, l’umiltà intellettuale è stata definita da lui come la qualità più importante per il successo.

Ma non solo Bezos ne parla. L’umiltà intellettuale è un argomento chiave anche in psicologia, dove gli esperti stanno esplorando i suoi effetti positivi sulla società. Descritta come la capacità di riconoscere e accettare i limiti della propria conoscenza e dei pregiudizi, questa qualità può essere valutata attraverso due domande semplici ma profonde: “Pensi di avere sempre ragione?” e, se no, “In quali situazioni credi di sbagliare?”. Le risposte offrono un’indicazione preziosa sul grado di umiltà intellettuale di una persona.

Queste domande sono sicuramente utili in qualunque professione, ma rivestono un ruolo chiave nella relazione educativa.

Certo, l’umiltà può essere un’arma a doppio taglio e va padroneggiata a dovere, come ci ricorda Rita Minello nel suo contributo Incidenza delle virtù epistemiche e del carattere nell’educazione dei talenti, sulla Rivista internazionale di Scienze dell’educazione e della formazione, Anno XVI • Numero 2 • 2018.

Recentemente il

Journal of Research in Personality ,Volume 104, June 2023, 104373

ha segnalato un interessante studio condotto su due virtù caratteriali, l’umiltà intellettuale e la compassione, in un intervento online di tre mesi. Questa ricerca ha dimostrato che l’umiltà intellettuale può essere allenata e migliorata: un’osservazione stimolante che sottolinea come la motivazione possa influenzare positivamente i nostri tratti caratteriali, se si agisce nella direzione del cambiamento volitivo.

Questo tema riecheggia i classici buoni propositi di inizio anno, o, per gli studenti, di fine quadrimestre. Non trovate?

Mentre ciascuno di noi riflette sui cambiamenti necessari nella propria vita, vi auguro un felice 2024 e vi invito a restare sintonizzati per la prossima puntata del blog.

Cordiali saluti,

Federica

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Una newsletter e un piccolo bottino

Cari lettori,

Oggi mi sono dedicata all’esplorazione di una newsletter a cui mi sono abbonata da un po’, ma che nei mesi scorsi non ero riuscita a leggere con la dovuta concentrazione. Si tratta di una vera miniera di riflessioni utili e pertanto inizio subito con il rimando al suo autore e al link per iscrivervi, se siete interessati ad un approfondimento in lingua inglese.

La newsletter si intitola “Educating AI” e l’autore è Nick Potkalitsky, che si presenta come un formatore innovativo che sviluppa metodi e approcci didattici sensibili all’intelligenza artificiale per le scuole di oggi.

Lo potete trovare, qui, sulla piattaforma Substack: https://substack.com/@nickpotkalitsky

Nel suo ultimo post, che si intitola “Navigating New Frontiers: The Intersection of AI and Innovative Assessment Strategies”, Nick intervista Nathan Shields, insegnante di Sociologia dell’Ohio.

Secondo Nathan, gli insegnanti possono utilizzare l’intelligenza artificiale (AI) in aula per:

  1. Aiutare gli studenti a trovare informazioni rapidamente, senza dipendere dalle strategie di “ricerca intelligente” utilizzate nei motori di ricerca ordinari.
  2. Creare momenti didattici per la verifica delle informazioni, evidenziando i limiti dell’AI generativa nell’offrire informazioni accurate.
  3. Creare schemi per compiti, domande e attività quando sono a corto di idee. La “toolbox” dell’AI generativa e la vasta biblioteca di documenti di formazione offrono un modo più efficiente per produrre attività e risorse educative semplici e, con la modifica, complesse.
  4. Fornire un feedback di base sui lavori scritti digitalmente degli studenti per accelerare il processo di feedback, se necessario. Tuttavia, questo non è considerato un uso altamente efficace o credibile dell’AI generativa.

D’altro canto, gli insegnanti che temono la copiatura da parte degli studenti possono rispondere all’AI:

  1. Essendo aperti su come gli strumenti AI potrebbero beneficiare i loro studenti.
  2. Raccogliendo campioni di scrittura dagli studenti regolarmente, separati dalla digitazione digitale, o come parte di un esercizio di “digitazione dal vivo”. In questo modo, si ha abbastanza informazioni di base per sapere se un significativo miglioramento nella capacità di scrittura in inglese dovrebbe essere sospetto o meno.
  3. Usandola loro stessi in modi professionali e per uso personale.
  4. Chiedendo ai loro dirigenti formazione professionale sugli strumenti AI.
  5. Essendo chiari e diretti con gli studenti su quali compiti possono o non possono, dovrebbero o non dovrebbero utilizzare strumenti di generazione AI, e fornire ragioni autentiche che si collegano agli obiettivi pedagogici.

Inoltre, l’articolo discute l’uso di compiti e valutazioni “resistenti all’AI”, come chiedere agli studenti di trovare immagini, citarle e poi spiegare perché dettagli specifici di queste immagini si riferiscono a un termine del vocabolario, modificando il modello di acquisizione del vocabolario di Frayer.

Si suggerisce inoltre di aumentare la profondità e la complessità dei compiti, senza necessariamente aumentarne la lunghezza, di fornire agli studenti vari metodi alternativi per consegnare i prodotti del lavoro oltre al saggio tradizionale, e di aspettarsi che i compiti si basino l’uno sull’altro o si colleghino tra loro nel corso di un trimestre, rendendo più difficile per l’AI generativa produrre lavori pertinenti.

Questi primi suggerimenti di partenza mi sembrano già un bel malloppo su cui interrogarsi e cominciare a lavorare. In verità, su qualcosa ho già fatto esperimenti, ma ve li racconterò in un prossimo post.

Alla prossima puntata,

Federica

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Insegnanti e AI: sfida all’O.K. Corral?

Cari lettori,

Il periodo di pausa natalizia offre spesso un pochino di tempo in più per documentarsi e riflettere su temi che attirano la nostra attenzione e di cui magari si parla tantissimo, avendo, purtroppo, troppo spesso informazioni sommarie.

Il rapporto tra intelligenza artificiale e scuola è molto presente sul web, o in generale sui media, in una versione semplicistica che spazia dai timori più ostinati nei confronti della tecnologia agli accenti ottimistici nutriti di spirito rivoluzionario. A volte sembra quasi di intravedere una prospettiva da duello western, in attesa di uno scatto e un passo falso della fazione opposta.

Per cercare di mantenere un equilibrio tra questi estremi, che giudico ugualmente pericolosi, presenterò d’ora in poi pillole di riflessione costruite di volta in volta su una fonte autorevole e specifica.

Questi post verranno inseriti nella categoria “idee”.

Oggi inizio con l’esame di un corposo pdf, dal titolo

Artificial Intelligence
and the Future of
Teaching and Learning

Insights and Recommendations

dell’ Office of Educational Techonology, Department of Education degli Stati Uniti

Il documento “Artificial Intelligence and the Future of Teaching and Learning” esplora l’impiego dell’intelligenza artificiale (IA) nell’ambito dell’istruzione, affrontando opportunità, sfide e raccomandazioni. Discute l’importanza di integrare l’IA nell’educazione in modi etici ed equi, ponendo l’accento sull’importanza del coinvolgimento umano (human in the loop) nelle decisioni educative. Il documento analizza vari aspetti dell’IA, tra cui l’adattabilità nell’apprendimento, il supporto all’insegnamento, la valutazione formativa, e la ricerca e lo sviluppo. Si concentra su temi come la privacy dei dati, l’equità, la trasparenza e la sicurezza nell’uso dell’IA in ambito educativo. Infine, presenta raccomandazioni specifiche per guidare lo sviluppo e l’implementazione di politiche e strumenti basati sull’IA nel settore dell’istruzione.

Se lo volete leggere anche voi, lo trovate qui: https://www2.ed.gov/documents/ai-report/ai-report.pdf

Ora, per non rendere questo post troppo lungo e noioso, vi proporrò una breve pillola, nella traduzione che ne ho fatto e che spero possa aprire un primo momento di riflessione sulle nuove frontiere della professione docente.

Il paragrafo si trova a pag. 25 del pdf che ho citato e si intitola “Always Center Educators in Instructional Loops”, che potremmo tradurre “Mettere sempre al centro gli insegnanti nei processi di insegnamento”.

Per avere successo con l’IA come miglioramento dell’apprendimento e dell’insegnamento, dobbiamo sempre mettere al centro gli educatori (ACE). In pratica, praticare l'”ACE nell’IA” significa mantenere una visione umanistica dell’insegnamento in primo piano. L’ACE porta il Dipartimento a rispondere con sicurezza “no” alla domanda “l’IA sostituirà gli insegnanti?”. L’ACE non si limita a rendere più semplice il lavoro degli insegnanti, ma consente anche di fare ciò che la maggior parte degli insegnanti desidera fare. Ciò include, ad esempio, una comprensione più approfondita dei loro studenti e la possibilità di avere più tempo per rispondere in modo creativo ai momenti di insegnamento.

Naturalmente, per avviare questa riflessione, noi insegnanti dobbiamo porci due domande chiave:

  • quanto desideriamo veramente comprendere i nostri studenti e il loro apprendimento?
  • quanto ci interessa la dimensione creativa nella nostra progettazione didattica?

Con questa impostazione maieutica per oggi vi lascio. Lungo il cammino dei prossimi post avremo occasione di trovare anche delle risposte, forse.

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Tempi digitali, anche per Save the Children

Cari lettori,

questa volta inizio subito con il link:

https://atlante.savethechildren.it/

Oggi vorrei, infatti, condividere con voi le mie riflessioni sull’Atlante “Tempi Digitali” di Save the Children, un’opera a cura di Vichi De Marchi, che ci immerge in un’analisi profonda dell’era digitale, con un focus particolare sulle disuguaglianze che ne derivano.

L’Atlante sottolinea un punto di svolta cruciale: l’era della pandemia di Covid-19, che ha rivelato come la tecnologia digitale sia diventata una componente insostituibile della nostra esistenza​​. Tuttavia, questo cambiamento non è stato uniforme per tutti. Mentre alcune famiglie hanno beneficiato dell’accesso alla tecnologia per l’istruzione e il lavoro a distanza, altre hanno dovuto affrontare l’assenza di tali risorse, evidenziando un netto divario digitale​​.

Uno dei dati più sorprendenti riguarda l’uso degli smartphone tra i bambini, anche in età molto precoce, un fenomeno che è aumentato in modo significativo durante la pandemia​​. L’Atlante ci mostra come i giovani utilizzino i social media per informarsi e formarsi, nonostante le sfide legate alle fake news e alla qualità dell’informazione​​.

È evidente che viviamo in un mondo di “luci e ombre” digitali. La tecnologia ci offre opportunità senza precedenti per l’informazione, l’espressione personale e l’educazione. Tuttavia, può anche rappresentare un terreno fertile per pericoli e insidie, specialmente per la democrazia e la libertà di informazione​​.

In conclusione, l’Atlante “Tempi Digitali” ci invita a riflettere su come possiamo utilizzare la tecnologia per creare un mondo più unito e meno diviso. È un invito a considerare la tecnologia non solo come uno strumento, ma come un fattore cruciale che modella la nostra società e il futuro dei nostri bambini.

Se poi vi può interessare, a pagina 177 della versione pdf scaricabile trovate anche un mio modestissimo contributo sulla formazione dei docenti.

La versione pdf si scarica da qui:

https://s3.savethechildren.it/public/files/uploads/pubblicazioni/xiv-atlante-dellinfanzia-rischio-tempi-digitali.pdf

Spero che queste riflessioni vi stimolino a pensare al ruolo che la tecnologia gioca nella scuola, nelle nostre vite e nelle vite dei nostri figli. Vi incoraggio a leggere questo illuminante report per una comprensione più profonda dell’era digitale in cui viviamo.

Con affetto,

Federica

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Forze: una categoria tutta per noi

Cari lettori,

Oggi sono entusiasta di presentarvi una nuova categoria del nostro blog: “Forze”. Questa rubrica sarà dedicata alle brevi interviste con coloro che dedicano la loro energia a rendere la scuola un luogo migliore e più innovativo.

In “Forze”, troverete storie di insegnanti, educatori, studenti e tutti coloro che, con il loro impegno quotidiano, contribuiscono a costruire un futuro educativo luminoso e stimolante. Questa categoria non avrà una cadenza fissa, poiché si alternerà a post sulle altre categorie del blog, che presenterò nei prossimi articoli.

Ho scelto il nome “Forze” al plurale per sottolineare l’importanza della collaborazione nel mondo dell’educazione. In campo scolastico, i successi non derivano da un singolo sforzo, ma dalle sinergie create da molteplici contributi. Le storie che condividerò qui sono testimonianze della ricchezza che nasce dall’unione di diverse forze e prospettive.

Vi invito a seguire questa rubrica per scoprire insieme le voci e le esperienze di chi lavora ogni giorno per una scuola sempre più inclusiva, creativa e aperta al cambiamento.

A presto,

Federica